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PASQUA E PASQUETTA

7 aprile 2015 • Agata la tempesta

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È Pasqua.

Alcuni partono.

Altri restano.

E quelli che restano si organizzano.

Bisogna uscire indenni dalla Pasqua e dalla Pasquetta.

La prima è una corsa a ostacoli tra una portata e l’altra preparate da nonna Antonia , la donna che interpreta l’espressione “non preparare tante cose” come “non preparare tante cose oltre alle tante che già hai già deciso di preparare”.

Per nostra fortuna  c’è una pausa a metà pomeriggio per l’apertura  delle uova di Pasqua, il momento clou per mia figlia Agata.

Le aspetta con ansia, le vede, le prende, ci si lancia contro a volo d’angelo, le sfracella , estrae la sorpresa, ingurgita schegge di cioccolato da mezzo chilo l’una e poi torna ai  suoi giochi, lasciando il tappeto della sala dei nonni pieno zeppo di cioccolato, per la “gioia” di nonno Michele che impreca tra i denti perché sua nipote e’adorabile, ma ogni volta che viene a trovarli devasta la loro casa.

La nonna Antonia cosa ne pensa?

Non si sofferma su questo perché non ha tempo.

È giunto il momento di pensare a cosa fare per cena.

Io e Katia andiamo sul balcone a versare lacrime di disperazione e a farci coraggio a vicenda: saltare la cena sarà impossibile, a meno di voler compromettere seriamente i rapporti con nonna Antonia.

Con le ultime forze ceniamo e chiediamo al nostro stomaco di far fruttare le sue conoscenze in campo architettonico per trovare il posto al cibo che siamo costretti a ingurgitare.

Poi però si torna finalmente a casa e ci si mette in salvo.

Ma solo per il momento perché il giorno dopo è Pasquetta e a Pasquetta si fa la gita.

SI PARTE quando tutti partono e quindi si fa la fila in autostrada con la bambina che , ancora in preda allo zucchero delle uova di pasqua ingurgitate  il giorno prima, in auto riesce a giocare, cantare, domandare e a piangere contemporaneamente.

SI FA LA SOSTA in autogrill quando tutti la fanno e quindi fila per un caffè, fila per il bagno e slalom tra le persone per rincorrere tua figlia sempre in preda agli zuccheri.

SI ARRIVA in campagna a casa di amici, anche loro reduci dal pranzo di Pasqua e anche loro sfiniti dall’euforia da zucchero dei figli.

SI MANGIA sforzandosi di dimenticare che il corpo ha di confini e che tutto lo spazio libero e’ormai occupato dal cibo ingerito il giorno prima.

SI EVITA il divano, per non morire.

SI ESCE per la passeggiata.

SI VA in un parco, deserto per tutto l’anno,ma stracolmo un giorno solo e cioè il giorno di Pasquetta.

E da quel momento SI CERCA DI PERDERE LA MEMORIA, per dimenticare un pomeriggio all’insegna delle urla dei bambini, dei capricci dei bambini, delle giostre dei bambini  e dei bambini, con lo stomaco che reclama, la testa che ti scoppia e le lacrime che vorresti versare ma che non versi, e solo perché sei troppo occupato a vedere dove atterrerà tua figlia che nel mentre si e’lanciata di faccia dalla discesa dello scivolo gonfiabile.

E alla fine , quando la calma ha tutti i presupposti per fare la sua comparsa in pompa magna, ecco la mamma che dice: ” bambini, gelato?”

Parte l’inno di Mameli e tutti gli zuccheri, mano al cuore, lo cantano e si preparano a rendere infernali agli ultimi scampoli della giornata ai poveri padri che già pregustavano la quiete dopo la tempesta.

“e poi ci troveremo come i PAPÀ a bere del whisky al Roxy Bar o forse non ci incontreremo mai, ognuno a rincorrere i suoi guai !”

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